Un nuovo killer sui nostri pescheti: la CIMICE ASIATICA - Le contromisure studiate dal CRESO

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Data:

martedì, 22 settembre 2015

Cimice su nettarina

Descrizione

Si chiama Halyomorpha halys l’ultima minaccia per i frutteti del saluzzese, ma è più comunemente conosciuta come “Cimice asiatica”. L’allarme giunge dal CReSO, Il Consorzio di Ricerca e Sperimentazione per l’Ortofrutticoltura Piemontese, che sta monitorando la situazione, lavorando a possibili soluzioni. Tra i fastidiosi animaletti che, soprattutto nei mesi invernali, si trovano sempre più comunemente anche in casa, si nasconde ora anche questo, che si può distinguere dagli altri solo ad un’attenta valutazione e per alcune caratteristiche cromatiche (ha un colore grigio – marrone), ma che ha identiche dimensioni, tra i 12 ed i 17 millimetri. Proviene dall’Asia orientale ed è stata segnalata per la prima volta in Europa nel 2004; dal 2013 è presente in Piemonte, “avvistata” (lei ed i suoi effetti) su un impianto di nettarine nella zona di Cuneo.

Le conseguenze sono devastanti per le colture in generale: la cimice punzecchia i frutti per nutrirsi e provoca agli stessi delle malformazioni nella crescita che li fanno immediatamente diventare prodotto di scarto. Se nel 2013 la presenza è stata limitata ad alcuni pescheti nell’areale cuneese, l’anno scorso è aumentata la presenza e si è “allargata” anche al saluzzese; quest’anno la situazione è diventata emergenza, considerando che la cimice ha incrementato il proprio interesse anche per pere, mele e kiwi, interessando praticamente quasi tutto il paniere delle nostre produzioni frutticole.

Difficile ipotizzare percentuali di danno, ma intanto il CReSO è corso ai ripari, studiando il comportamento del nuovo insetto per trovare valide soluzioni, senza ricorrere ad interventi chimici che farebbero svanire tutti gli sforzi degli ultimi decenni per produzioni sempre più ecosostenibili e con residui di fitofarmaci tendenti allo zero. In attesa di riuscire ad inserire sul territorio l’”antagonista naturale” della “cimice asiatica”, una delle soluzioni già sperimentate è quella di estendere gli impianti antigrandine anche al perimetro dei frutteti, per impedire fisicamente all’insetto di entrarvi, mentre si guarda con preoccupazione ad areali già colpiti, come i frutteti delle province di Bologna e Modena, per i quali è stato richiesto lo “stato di calamità naturale”.

o. f.

I tecnici del CReSO fin dal 2013 hanno iniziato a monitorare attentamente la situazione e studiarne i rimedi, attivando collaborazioni con il Servizio Fitosanitario Regionale e con l’Istituto di Entomologia dell’Università di Torino, oltre a confronti periodici con altri Istituti di ricerca sul territorio nazionale.

Graziano Vittone, responsabile del Coordinamento Tecnico Frutticolo del CReSO, si può parlare di “invasione asiatica”? «Siamo preoccupati perché dalla prima segnalazione del 2013 stiamo studiando il comportamento di questi insetti ed abbiamo notato che si tratta di una cimice polifoga, vale a dire si ciba volentieri di diverse specie ortofrutticole e cerealicole, dal mais, ai fagioli, alle pesche ed ora anche pere, mele e kiwi, ed è una specie molto prolifica: si sviluppano 2/3 generazioni l’anno ed ogni femmina depone per quattro volte 24 uova. Per le deformazioni provocate ai frutti e la successiva marcescenza, in alcuni casi hanno quasi azzerato l’ultimo stacco di pesche e nettarine, che significa un danno del 20/25% sul potenziale raccolto».

Quali sono le cause di questa emergenza? «È giunta da noi, come in altri casi, da merce importata dall’estero. Ha la particolarità di non svernare nei frutteti, ma di ripararsi in ricoveri e abitazioni, ed è per questo che la sua diffusione è più massiccia nelle zone vicino ai centri urbani. Gli ultimi inverni miti pensiamo ne abbiano inoltre consentito una maggior sopravvivenza, ma soprattutto, essendo stata importata, non ha il suo antagonista naturale, a differenza delle altre specie autoctone, che quindi si autoregolano. Abbiamo inoltre osservato che non disdegna nessuna cultura: dalle piante ornamentali ai cereali, dalle culture orticole ai frutti. Nei frutteti la troviamo da maggio e non fa danni alle foglie, ma solo purtroppo ai frutti».

Come la state affrontando? «Ne stiamo studiando la biologia ed il comportamento, sia con catture finalizzate, utilizzando trappole a feromone di aggregazione, sia con l’osservazione diretta sulle piante, oltre a censire con tutti i tecnici operanti sul territorio la zona interessata dal fenomeno. La preoccupazione è dovuta al fatto che si sta espandendo velocemente e, mentre in precedenza era confinata nella zona di Cuneo, ormai quasi tutto il saluzzese è interessato e non solo più sui pescheti. Abbiamo fatto uno screening sui prodotti già in uso per capirne l’efficacia, perché non avrebbe senso intervenire come fatto negli Stati Uniti con insetticidi, altrimenti vanificheremmo il lavoro dei nostri frutticoltori degli ultimi decenni per produzioni sempre più ecosostenibili. La lotta diretta è complessa perché sono talmente tante e prolifiche che sarebbe impari e con costi elevati».

Cosa consigliate allora ai frutticoltori? «Stiamo lavorando, in sinergia con l’Istituto di Entomologia dell’Università, all’individuazione dei parassiti più efficaci per combattere la cimice in modo “biologico”; l’ideale sarebbe scovare il suo iperparassita naturale ed introdurlo sul territorio, come fatto per combattere altre emergenze, ad esempio il cinipide sul castagno. In tempi più rapidi, considerando l’evoluzione, il CReSO ha proposto di creare una barriera fisica, con l’estensione delle reti antigrandine ai perimetri dei frutteti, iniziando magari dalle parti più vulnerabili, ad esempio quelle esposte verso culture già colpite».

Prevale l’ottimismo o la preoccupazione? «In questo momento la preoccupazione, perché siamo consapevoli che si tratta di un nemico tosto! C’è però la consapevolezza che la conoscenza dell’insetto e le misure cautelative messe in atto e che verranno attuate potranno portare dei miglioramenti. C’è infine la speranza che, trattandosi di un insetto e non di un virus, dall’esperienza che abbiamo dovrebbero raggiungere un picco e poi assestarsi: ci auguriamo di raggiungere presto questa seconda fase».

oscar fiore

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